Simone ha avuto a che fare con il carcere per tutta la vita. A sua volta figlio di un detenuto, ha ricevuto due condanne per traffico di stupefacenti e ha scontato la maggior parte della sua pena in un carcere di massima sicurezza. Oggi fa il libero professionista e vive con il compagno. In quest’ultima puntata di Dietro le barre III, Chicoria parla con Simone di dipendenze, di comunità di recupero e di omosessualità in prigione—un tema che ancora oggi è considerato un tabù dalle istituzioni penitenziarie. Per vedere la puntata integrale su YouTube, segui il link in bio.

Il cambiamento climatico e l'inquinamento da plastiche e rifiuti tossici sta facendo danni enormi anche nei nostri mari: le temperature dell'acqua si sono alzate fino alla temperatura record di 30,7 gradi e stanno comparendo specie di pesci aliene, infestanti e, in alcune zone, tropicali. ⁠ ⁠ @gianconc ha parlato con un'associazione italiana, @o_gyre , che si occupa della pesca di rifiuti in mare, ma anche con due cooperative di pescatori, che gli hanno raccontato cosa significhi esattamente vivere e tentare di pulire il mare ogni giorno. ⁠ ⁠ "Gli impatti dell’inquinamento da plastica sull’ecosistema marino sono molti," ci hanno detto da Ogyre. "Tra questi l'indigestione da parte degli animali marini di plastiche, le quali rilasciano anche additivi tossici in chi abita il mare, siano pesci, plancton o alghe."⁠ Questo, tradotto, significa che anche noi esseri umani ingeriamo sostanze tossiche e micro-plastiche: l'equivalente di una carta di credito a settimana, per essere precisi. Trovi l’articolo completo al link in bio.

Jessica Wade è cresciuta in un sobborgo di Dublino e a nemmeno 17 anni faceva già parte della più grossa organizzazione di spaccio di ecstasy della città. “L’ecstasy era come se un mago schioccasse le dita e ti trasportasse in un mondo magico. Il vero motivo per cui io e i miei amici cominciammo a spacciare era che volevamo condividere sinceramente questa sensazione,” ha raccontato a VICE. Ma la passione si è presto trasformata in un lavoro: “Facevamo così tanti soldi che non credo di aver mai cucinato un pasto: mangiavo sempre nei ristoranti di lusso.”  Ma, dopo aver infranto la “regola numero uno” degli spacciatori, la situazione le è sfuggita di mano e Wade è precipitata in una drammatica spirale di dipendenza da droga, arresti, latitanza e traffico internazionale—finché un’illuminazione divina non l’ha salvata. Leggi la sua storia nell’articolo al link in bio.

A pensarci bene, non c’è niente che veramente non vada nella tua relazione. L’altra persona ti attrae, ti rispetta, ti sostiene e avete interessi e valori in comune. Eppure, a volte, si insinua un dubbio, un pensiero che fa quasi paura articolare chiaramente: e se mi stessi perdendo qualcosa? Se fossi single, la mia vita sarebbe più interessante? Più divertente? Più eccitante, anche sessualmente? Me ne andrei a studiare o a lavorare altrove, magari all’estero? Trovarsi davanti a pensieri del genere può spaventare. Ne abbiamo parlato con Chiara Simonelli, psicoterapeuta, sessuologa e professoressa di psicologia alla Sapienza di Roma, per cercare di capire se stiamo solamente affrontando “un problema umano che esiste da sempre” o se invece il nostro rapporto si sta esaurendo. Trovi l’articolo completo al link in bio. Illustrazione di @j.toshi

Fino a non troppi anni fa, Internet era considerato il dominio esclusivo dei millennial—ossia la prima generazione nata e cresciuta a cavallo tra l’era analogica e quella digitale. Ora è cambiato praticamente tutto; e quella dei millennial è la prima generazione che si rende conto di star diventando vecchia su Internet, che ormai segue liturgie e tendenze dettate dalla cosiddetta Generazione Z. Da tempo Vincenzo Marino (@wyncenzo) segue l’evoluzione del nostro modo di stare in rete con la sua newsletter “zio”, che ora è diventata anche un libro intitolato “Sei vecchio” (pubblicato da @edizioninottetempo). “È successo che siamo invecchiati: sia noi, che i nostri luoghi,” racconta Marino a Leonardo Bianchi (@captblicero). “È come quando torni a casa da fuorisede dopo tanti anni: coi locali che cambiano, e i “nuovi” giovani che si ritrovano in altri posti.” Per leggere l’intervista completa, segui il link in bio. Il 24 marzo, alle 19, Marino presenterà il libro insieme a Bianchi alla libreria @sinesteticaexpo di Roma.

I funghi allucinogeni sono organismi straordinari che crescono praticamente in ogni parte del mondo e si propagano nel sottosuolo attraverso una misteriosa rete di micelio, mentre in superficie le loro spore si diffondono grazie a vento e animali. Negli ultimi anni, però, alcuni appassionati di micologia e psichedelici hanno notato un declino significativo nella popolazione di funghetti magici negli stati della costa occidentale degli USA, dovuto probabilmente a pratiche di raccolta non sostenibili. Così, è nato un movimento spontaneo di guerrilla gardening psichedelica: attivisti e attiviste si aggirano per boschi e città rovesciando chili di segatura impregnata di spore fungine e spruzzando milioni di spore in giro con pistole ad acqua. “Negli ultimi anni ho notato un significativo declino nella popolazione di funghetti magici nella nostra zona e ho pensato che l’unico modo per invertire la tendenza fosse di piantarne altri,” racconta a VICE Jeff Patterson, soffiatore di vetro di Bremerton, Washington. “Io li ho sempre raccolti in natura, ed era assolutamente meraviglioso,” aggiunge. “E mi piacerebbe che anche le future generazioni potessero fare questa esperienza.” Patterson non compie queste semine di nascosto, anche se nello stato di Washington non è ancora stata approvata la proposta di legge sulla legalizzazione della psilocibina. “Alcuni di noi sono stati fermati dalla polizia o da altre persone curiose di sapere perché seppelliamo della segatura,” dice. “Ogni volta che qualcuno ci si avvicina incominciamo a snocciolare nozioni sui funghi capaci di annoiare chiunque non sia un fissato di micologia e di solito dopo qualche minuto ci lasciano stare. I poliziotti spesso ci chiedono di andare via solo perché ci troviamo su proprietà private.” Per saperne di più, leggi l’articolo integrale al link in bio.

Non è la prima volta che parliamo del fotografo romano @niccoloberretta e dei suoi ritratti, in particolare quelli che per vari anni ha scattato nello splendido caos che è Stazione Termini. Dopo un decennio passato a ritrarre i “pendolari, lavoratori, senzatetto, turisti e gli habitué” che popolano la stazione più grande d’Italia, Niccolò ha pubblicato un libro che raccoglie il meglio del suo archivio, intitolato Stazione Termini, Lookbook 2009-2021, edito da @drago_publisher.  
 Da qualche settimana Niccolo ha cominciato a puntare i suoi riflettori su un’altra stazione, simbolo non solo della città in cui si trova ma del Paese in generale, la Stazione Centrale di Milano. Disegnata da Ulisse Stacchini nel 1911 e inaugurata nel 1931, la Stazione Centrale è un luogo che come pochi altri riesce a evocare epoche e ambienti passati, pur essendo ormai immersa nell’atmosfera iper-consumista che caratterizza alcuni spazi pubblici della Milano odierna.  
 ”Una volta concluso il progetto a Termini mi è venuto quasi spontaneo cominciare a scattare a Milano” ci ha raccontato Niccolò. “Milano è il posto in Italia dove tutto sembra accadere negli ultimi anni. Credo che ritrarre le persone che ogni giorno popolano la Stazione Centrale e i suoi dintorni sia uno dei modi migliori per ritrarre la città in generale, mostrare come sta cambiando e si sta evolvendo”. Il progetto su Milano potrebbe essere “un potenziale secondo capitolo di un progetto a lungo termine sulle stazioni più interessanti di tutta Europa”.  
 Come spesso accaduto con Stazione Termini, in questi ultimi mesi anche Milano Centrale si trova al centro di un acceso dibattito sulla sicurezza, che in realtà riguarda la città nella sua interezza. Ed è anche per questo che Niccolò ha avviato ora questo progetto. “Uno degli obiettivi che mi pongo è quello di andare oltre la cronaca e le polemiche per cercare di dare un’immagine realistica, senza pregiudizi, e questo mi sembra il momento giusto per farlo”.  
 Nei prossimi mesi quindi se incontrerete un giovane fotografo vestito di nero che chiederà di farvi un ritratto in Stazione Centrale, salutateci Niccolò.  Per vedere più scatti, vai all’articolo al link in bio.

Kottbusser Tor è praticamente una rotatoria circondata da condomini con una linea della metropolitana di superficie che la taglia al centro. C’è chi lo chiama il Colosseo, ma la maggior parte dei berlinesi la chiama Kotti. È piena di negozi, kebab, bar e persone che ci abitano, ma è anche comunemente associata a spaccio di droga, furti e aggressioni—il che la rende una fra le sette aree ad “alto tasso di criminalità” di Berlino. Il fotografo Manuel Lossau, che vive a Berlino da 12 anni, ha un legame speciale con Kotti. Nel suo primo anno in città ha fatto il volontario a Fixpunkt, un centro diurno per persone con dipendenza da droga che opera in zona, dove distribuiva cibo e articoli di necessità a chi ne aveva bisogno. Più avanti, ha svolto lì anche il lavoro di assistente sociale. Questa connessione con il quartiere lo ha spinto a creare una serie che immortalasse i volti delle persone che vivono e lavorano a Kotti. Scorri le slide e vai al link in bio per vedere tutte le foto e leggere l’articolo completo.

Oggi Matteo ha 31 anni e lavora come educatore mentre finisce di scontare la sua pena. A 19 anni è infatti stato condannato in primo grado all’ergastolo—successivamente rideterminato a vent’anni—per un reato gravissimo. In questa puntata di Dietro le barre racconta a Chicoria del suo passato, della detenzione nel carcere milanese di Bollate e del lavoro insieme ad alcuni nomi emergenti della scena trap italiana tramite @exagora_attitude. Trovi il video completo al link in bio.

Chiunque frequenti social per abbastanza tempo, avrà incontrato contenuti video che riassumono questioni di salute mentale e psicologia in generale, rigorosamente accompagnati da musiche in trend e grafiche a schermo. Reel sui comportamenti tipici di chi è stato invalidato nell’infanzia, sui pensieri ricorrenti delle persone ansiose, su come riconoscere un’amicizia tossica e via dicendo. Chiariamoci: la psicologia ha una declinazione pop da ben prima che arrivassero i social network. È un fenomeno nato negli anni in cui noti psicoterapeuti dai ciuffi ribelli o dagli occhiali con montature colorate decisero di andare in tv e di tenere rubriche su settimanali scandalistici, in cui dispensavano concetti omogeneizzati di psicologia. Niente, però, in confronto al successo che sta riscuotendo questo tipo di approccio su Instagram e TikTok per i nuovi professionisti. Quali sono i pro e i contro, dunque, di questo fenomeno? A cosa vale la pena prestare attenzione, prima di autodiagnosticarsi un trauma o un problema di salute mentale sui social?  È opinione abbastanza diffusa, per esempio, che questo genere di contenuti abbia una sua utilità, che va oltre gli specifici argomenti trattati: la rappresentazione. Il semplice fatto di trovarsi la home di un social invasa da contenuti che parlano di disturbi mentali li renderebbe più accettati e combatterebbe lo stigma. Il caro vecchio “più se ne parla, meglio è,” insomma. D’altro canto, però, come ha spiegato uno psicologo a @marioincandenza in un articolo su VICE, uno dei rischi è ridurre troppo all’osso concetti complessi, il cui senso è in realtà inscindibile dal vissuto personale di un paziente.  Per saperne di più, leggi l’articolo completo al link in bio.

Su tantissimi CV si legge “in grado di lavorare sotto pressione.” Ma è un bene? E di che tipo di pressione si parla? ⁠ ⁠ Sul lavoro, le forme di stress sono molteplici. C’è lo stress economico di fare un lavoro che paga poco; lo stress dovuto alla fretta quando si hanno tempi stretti; o lo stress morale che deriva dall’avere superiori, colleghi o clienti dagli atteggiamenti nocivi e aggressivi, per esempio. ⁠ ⁠ Spesso, lavorare nel campo dell’assistenza clienti procura tutti e tre questi tipi di stress: ti tocca ricevere chiamate di clienti insoddisfatti e arrabbiati, che se la prendono con te per cose di cui non hai personalmente colpa; raggiungere obiettivi alti, e farlo in cambio di una paga misera. Il lavoro è molto stressante e ha un alto tasso di turnover, in media tra il 35 e 45 percento in tutto il mondo. ⁠ ⁠ In parole povere, la maggior parte dei lavoratori odia questo lavoro e si licenzia appena può. Abbiamo parlato con alcune persone per farci raccontate le loro peggiori esperienze nell’assistenza clienti. Per leggere l'articolo, vai al link in bio.

Sono le 20:30, sei a casa di una tua amica a smaltire i postumi di una sbronza e lei sta cercando di convincerti che preferisci una pizza al takeaway cinese. “Smettila di farmi gaslighting!” esclami, e tutti i presenti scoppiano a ridere. Chiunque abbia investito una parte delle proprie doti nel cercare di far ridere su internet (cioè tutti noi) conosce questo tipo di battuta. Estendere il significato del gaslighting—termine psicologico che la psicologa e analista comportamentale Laurie Singer ha definito “quando una persona cerca di far mettere in dubbio a un’altra la sua percezione della realtà”—è diventato, nel bene e nel male, un comune espediente comico.   Il gaslighting è però un comportamento molto più complesso, che tipicamente viene messo in atto all’interno di un ciclo di abuso, e ha delle caratteristiche ben precise, azioni che devono far scattare un campanello d'allarme. Sapere come identificarlo e, di conseguenza, come difendersi può essere uno strumento molto utile. Per approfondire, leggi il nostro articolo al link in bio.